Una nuova lettura di Céline

36.00

Medico fisiopatologo e protobiologo in anticipo sui tempi

Francesco Cetta

Pagine: 576. Formato 17×24 cm. Illustrazioni in b/n.

Data di pubblicazione: 2017

ISBN: 978-88-98262-54-0 Categorie: , Product ID: 1952

Descrizione

Non è un saggio su Céline, che tratta in maniera dettagliata della sua opera, ma è parte di uno studio più ampio sui rapporti tra “arte del linguaggio” e “linguaggio dell’arte”, in cui Céline insieme con Rothko viene preso come modello esemplificativo a supporto della tesi per cui tutti i grandi creativi sono dei “diversi,” dei “malati”. La loro malattia non è “unica” o facilmente “etichettabile”, ma comprende numerose alterazioni del corpo e della psiche, incluso le cosiddette malattie psicosomatiche e somatopsichiche, -in gran parte legate ad una predisposizione genetica congenita o connessa con l’epigenetica -, che determinano lo “stato di sofferenza” che sta alla base della “creatività”.

Perché i “creativi straordinari” sono individui strani, “controcorrente”, “bastian contrari”, che non sopportano le regole, le leggi, il pensiero comune, la morale dei più, e tendono anzi a darsi delle regole comportamentali proprie. E lo sono fin da bambini. Le differenze nell’approccio al mondo ed agli altri, il loro atteggiamento, le relazioni interpersonali, le prese di posizione, come l’antisemitismo di Céline, rientrano in un quadro globale di “diversità”, che riguarda anche i comportamenti interpersonali, le abitudini e le perversioni sessuali, il “narcisismo”, l’“ego ipertrofico”, l’utilizzo degli altri per i propri fini, o per il proprio successo, il fermo convincimento di appartenere ad un’élite. Questi “sintomi patologici” non sono casuali, ma sono intrinsecamente legati con la creatività, con la loro originalità, abilità nel deformare la lingua o le arti visive, rinnovare il preesistente, cambiare paradigma, creare capolavori. Tutto si tiene, nel tutt’uno di mente e corpo, di cervello che è nutrito dall’organismo dell’individuo grande creativo, il quale è “diverso” dalla media e fa parte di una percentuale di individui che costituisce meno dell’1% o dell’1 per 10.000 della popolazione. Con un’ampia gamma di variabilità, che condiziona simultaneamente il grado di malattia, di perversione e/o difformità nel comportamento, ma anche di innovatività e di capacità di creare opere destinate a durare. L’altra tesi, strettamente legata a questa è che, mentre l’ “arte del linguaggio” è un patrimonio di tutti connesso con l’appartenenza alla specie umana, il “linguaggio dell’arte” è invece patrimonio di pochi, è un “bene aristocratico” posseduto solo da una minoranza di “diversi”.

Francesco Cetta